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Davecrax: Un artista versatile e creativo

Oggi ci troviamo di fronte decisamente a una pietra grezza, una pietra di quelle che si trovano raramente, destinata sicuramente a diventare diamante.

Dave Crax è un cantautore milanese dalle influenze sicuramente grunge, alternative rock, indie e un pizzico di cantautorato. La caratteristica principale di Dave è sicuramente la versatilità, la capacità di essere come una spugna, assorbire tutto ciò che ascolta e riuscire a amplificarlo.

Uno dei singoli che ci propone è “Amore Tossico”, un brano interessante sotto ogni punto di vista, tiro ritmico ben sostenuto, ottima scelta effetti per le chitarre e un trattamento della voce decisamente in linea con il tipo di brano, molto anni ’90.
Il testo rispecchia in parte lo stile di Dave che ha una maniera del tutto cinematografica e molto underground di mettere in musica ciò che filtra il suo sguardo e viene trasmesso alle sue ispirazioni.

Degni di nota sono anche altri brani come ad esempio “L’affettato”, “ode nichilista” o la cover di David Bowie “The man who sold the world”

https://youtu.be/YnSTWxR1GDw

E-Noise: Miscele pop e rock esplosive

E-Noise è un gruppo elettropop di provenienza italiana nato dall’incontro di musicisti provenienti da generi musicali differenti.

Il sound del progetto è abbastanza caratteristico in quanto vengono miscelate ritmiche sintetiche piuttosto vintage con suoni di synth moderni. Il tutto ricrea un’ambientazione pop con dei richiami lounge ma non solo: I riff di chitarre e basso aggiungono al tutto un nonsocchè di adult alternative rock. Tutto questo rende questi lavori unici nel suo genere.

La voce della cantante rispecchia perfettamente il genere e ricorda vagamente la timbrica e lo stile di Dido. Gli E-Noise ci propongono due inediti che noi di MFN abbiamo ampiamente apprezzato: “Wish you the best” e “Good girl go to rest”

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I Prigionieri e la loro Anima di Bukowski

I prigionieri nascono a Busto Arsizio nel 2014 da un’idea di Giovanni Caldone, bassista e autore dei testi. Al seguito si uniscono Stefano Frontini (chitarrista), Christian Comaschi (tastierista), Trombella Gianluca (batterista) e Wolco (voce).
Il progetto affonda le radici nell’alternative hard rock con testi rigorosamente in italiano.

Ci propongono il brano “L’anima di Bukowski”, un pezzo sicuramente intellegibile e colmo di citazioni dell’artista. Un’atmosfera decadente, come la poetica di Charles, ci trascina senza indugio nella visione che Giovanni (l’autore) ha di questo immenso artista e, grazie al contributo della sua Band, lo fa attraverso ritmiche incalzanti e delle distorsioni di chitarra più che consone. Punti di forza l’assolo di chitarra solista e il tiro esplosivo del ritornello.

Si consiglia per un miglior biglietto da visita un bel video ufficiale, magari con scene di suonato live.

L’Hip hop anni ’90 di Ray Carino

Una commuovente lettera scritta per il padre quella del nostro Ray Carino, “Hey Pà”, parole molto forti, momenti di una vita passata, consigli non ascoltati e occhi gonfi di rimpianti.
Un messaggio molto forte e carico di sentimento raccontato sulle note di una chitarra arpeggiata, uno stile molto underground di sicura provenienza anni ’90.

Ray carino arriva dall’hip hop italiano ma non quello attuale, quello delle generazioni passate.

Si sentono chiaramente le influenze dei primi Articolo 31 nelle fotografie di strada che si colgono nei testi e le melodie dei Sottotono o addirittura dei B-Nario. Tutti coloro che hanno vissuto la propria adolescenza in quegli anni sanno bene di cosa stiamo parlando quindi ben vengano gli artisti come Ray, che ci riportano magicamente con la loro musica indietro nel tempo.

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Il signor disco dei Will of Nothing

Fino a quando ci saranno dischi come questo dei Will of Nothing, la musica, la musica vera, potrò dormire sonni tranquilli. Alla faccia dei disfattisti, che non vedono nulla di buono nel rock di oggi e che vivono di sola nostalgia settantiana. Abbiamo in mano un signor album, bellissimo in tutto e per tutto, intenso ed energico. Non servirebbe altro per recensire l'esordio del duo milanese composto da Ilaria Nicolotti e Patrik Matrone, rispettivamente voce e chitarra. Davvero, potrei semplicemente invitarvi-spingervi-obbligarvi ad acquistare il disco, senza pigiare più una sola lettera sulla tastiera.

Tuttavia, con questi dieci brani a riempire alla grande le mie orecchie scelgo di raccontare di più, lasciandomi rapire dall'entusiasmo.
Le tracce in questione parlano metal, ovvio, ma le contaminazioni sono a dir poco infinite. I nostri attraversano con invidiabile disinvoltura le strade del genere, colorandolo di gothic, progressive e hard rock, il tutto con uno spiccato senso della melodia. La voce di Ila è perfetta, pulita e al contempo tagliente, decisa eppure capace di regalare momenti di grande tristezza e di profonda malinconia. Voce molto bella, certo, ma di chitarra, arrangiamento e produzione vogliamo parlarne? Le capacità di Pat sono immense e non lo scopro ovviamente ora. Qui però, essendo anche coautore delle canzoni, possiamo dopo tempo (dal periodo Ora Nombro) toccare con mano le sue notevoli doti da songwriter. Insomma, considerando il fatto che questo è solo il primo disco dei Will of Nothing, non riesco nemmeno a immaginare quali delizie possano finire nelle incisioni future.
Ad aprire le danze è il coro quasi gregoriano dell'epica "Iced Heart", ruggente a dispetto del catastrofico senso di dolore immortalato nel testo. Eccellente la chiusura, capace di spezzare lo schema generale e di catapultare l'ascoltatore in un limbo ipnotico. Si comincia bene, molto bene.
La successiva "Riot", che adoro, presenta una delle migliori interpretazioni della vocalist, che piuttosto incazzata "consiglia" vivamente di combattere per gli ideali, per la giustizia e di non farsi fottere dal gregge o dai signori imbellettati (come li nominava il caro Guccini in "Cirano"). Neanche a dirlo, nota di merito per Matrone e il suo solo.
Struggente e dannato l'amore raccontato in "Nightmare"; citando le liriche, un viaggio nella notte più buia, per di più con lacrime acide a corroderci il viso. L'orecchiabilità del ritornello rende la canzone appettibile per tutti palati, da quelli più esigenti a quelli più devoti al genere. L'incubo potrebbe tranquillamente essere promosso come singolo.

"Staring into my eyes" conferma la duttilità del duo, in questo caso alle prese persino con sonorità Aor. Ascoltare per credere. Un gioiellino che anticipa la devastante "Ink in my veins", song alla quale la giovane cantante, ve lo assicuro, è legatissima. E si sente cara Ila! L'interpetazione è eccellente, intensa e profonda come l'abisso. Protagonista indiscusso del pezzo è di nuovo l'amore, o meglio, il dolore che l'amore spruzza sotto la nostra pelle sottoforma d'inchiostro. La dolcezza ballabile del pianoforte iniziale è letteralmente spazzata via dalla seconda strofa con la grinta del chitarrista a prendersi la scena. Tutto da gustare poi il bridge spettrale prima dell'assolo. Ascoltate, ragazzi! E ascoltate soprattutto voi, difattisti: "in this sleepless night", il rock è vivissimo.
Il singolone "The Ward of Broken Feelings", che elogiai poco dopo la pubblicazione, ci riporta con forza tra le mura del gothic metal. Suoni azzeccatissimi: la storia narrata è quella di un folle, ricoverato nell'onirico e metaforico reparto dei sentimenti infranti. Ossessioni, quindi, demoni e solitudine estrema. Quanto ci è lontano il protagonista (autore) del brano? Di questi tempi la domanda sorge spontanea. Grande pezzo.

Se poi siete particolarmente innamorati della sei corde elettrica, beh, aprite youtube, cercate il video e spostate subito il cursore fino a toccare i 2 minuti e 50...
La tracklist prosegue con la suggestiva "Grasp My Wings", che ho avuto il piacere di ascoltare anche in versione completamente acustica (la trovate sempre sul tubo, versione live appunto per Music Free Network), e con "Game Over(Dose), a mio avviso la più sperimentale della raccolta, vero cocktail furioso di suoni (da notare le parti di batteria) e di armonie. Per goderne a pieno, dobbiamo senza dubbio passarla più volte in rassegna. Soddisfazione garantita.
La resurrezione dopo l'ingegno musicale dell'"overdose" prende forma con l'energica "I can't believe", un vero pugno in faccia. Ritornello killer e riff spietato; eccoci davanti a un altro potenziale singolo.

Senza accorgercene, raggiungiamo purtroppo l'ultima traccia. Spetta a "Wrecks of Love" il compito di chiudere l'opera. Potrei mentire e scrivere che proprio sul finire arriva la piccola stonatura, il dettaglio che macchia un disco perfetto. Non se ne parla proprio: quasi sette minuti di grande musica. Il brano è evocativo, solenne, ti accarezza fino a farti male. Poche battute e siamo già altrove. La voce filtrata di Ila sulla dolcezza dell'arpeggio rappresenta un concentrato di passione e di disperazione. Un sali e scendi di emozioni difficile da descrivere. A costo di apparire monotono, lo ripeto: ascoltare per credere...

Se ancora non si è capito (ironizzo), l'omonimo primo lavoro dei Will of Nothing è davvero spettacoloso. Un prodotto suonato e cantato alla grande. Un prodotto senza punti deboli, scritto con cura, passione e competenza, che straborda di suoni e di sensasioni.
Concludo come ho iniziato: fino a quando ci saranno dischi come questo la musica, la musica vera, potrò dormire sonni tranquilli.
Procuratevi questo lavoro.

Ricky Rage Gramazio

https://youtu.be/9jrD-JYD2-c

I Riflessi spezzati di Ricky Rage

“Ho capito che non si cambia mai, si peggiora al massimo”, a volte nelle canzoni si riescono a sentire pure e vere perle di saggezza, emozionanti parole in grado di catapultare in un attimo la tua mente distratta al cospetto di una forte verità che da sempre tieni dentro ma non sei mai riuscito a esprimere.

È il caso di “Vecchio clown” di Ricky Rage, cantautore di Milano nonché collaboratore di Music Free Network. Ricky ci propone questo singolo in vista dell’uscita del suo album “Riflessi Spezzati”, presto disponibile per la vendita sui vari canali digitali come ITunes, Apple Music, ecc. il suo terzo lavoro in studio da solista ma il primo in cui si discosta leggermente da ciò che sono le sue origini punk rock per dare spazio alla sperimentazione.
Questo pezzo ne è la prova, una scelta forte, azzardata ma sicuramente funzionale.

Una canzone introspettiva, un’analisi sicuramente approfondita, la rivelazione di un tormento interiore comune a molti ma che non tutti trovano le parole giuste per confessarlo. La musica rispecchia perfettamente il significato del testo, ci troviamo di fronte a uno di quei casi in cui il sole si specchia quasi perfettamente nel lago, appunto generando a tratti dei riflessi spezzati.

Aggiornamento del 30/04/2019

Le ritmiche punk-rock e la scelta delle successioni armoniche caratterizzano lo stile di Ricky anche in questo album dal sapore prettamente più acustico rispetto ai lavori precedenti, “Cielo senza luna” rappresenta sicuramente la continua ricerca dei sogni che sembrano essere soffocati puntualmente dalla realtà è che l’autore racchiude da sempre nei suoi album.
Degna di nota è di sicuro la scala armonica di chitarra acustica ripresa in più parti del brano.

“Suicidi emotivi”, il titolo è un bel programma come dichiara lui stesso in ogni suo live. Rage si autoproclama in questa ballad acustica “una vittima della verità” il che la dice lunga ed è specchio del suo modo di essere e di vivere. Il mal di vivere che spesso caratterizza i suoi testi riemerge spesso nelle sue liriche a volte proprio per esorcizzare l’impossibilità ,o meglio la difficoltà, a volte di accendere nuove luci.

Un’altra ballata acustica, la quarta traccia di ‘Riflessi Spezzati’. Si intitola “Luglio”, racconto sensazionale di un ricordo intenso, la voglia di ritornare continuamente a quelle prime sensazioni, quella voglia di assaggiare nuovamente il sapore acerbo ma già dolce di quel fantastico frutto che chiamiamo amore. Una tappa fissa nel meraviglioso viaggio nel tempo creato dai ricordi.

Arriviamo finalmente a scoprire la title track che, con grande stupore, ci rendiamo conto essere una traccia strumentale. Un interessante intreccio di chitarre acustiche e archi che va a creare un’atmosfera barocco di grande effetto che chiude poi in bellezza con un soave tocco armonico. “Riflessi spezzati” oltre a dare il titolo sembra quasi voler fare da colonna portante alla sonorità unplugged del disco.

Una voce lontana, effettata che sembra provenire proprio da una “voragine”, un’atmosfera che ricorda vagamente le sonorità elettropop dei Radiohead anni ‘90. Una traccia molto particolare questa, molto intimista e profonda. Sembrerebbe presentarsi come una criptica ricerca interiore che viene accompagnata da, oltre alle ritmiche acustiche, evanescenti e psichedelici suoni sperimentali.

Una psichedelica scia che continua nel brano a seguire, “Psychosyam” il racconto di una misteriosa Lei, una metaforica donna, probabilmente un’allegoria che somiglia e ricorda decisamente una dipendenza. Notevole la scelta dei suoni finali, ricerca allo stato puro in grado di catapultare l’ascoltatore dentro sfere sensazionali uniche.

Decisamente un ottimo passaggio elettronico all’interno di questo viaggio tra i riflessi di Ricky che sembrerebbe volersi concludere su un’incalzante ritmica di percussioni dal leggero sapore afro che, come un antico rituale ci parla di resurrezione (forse proprio da quel suicidio emotivo?) con “Fenice”

Il nostro Rock-cantautore infatti ora sembra proprio cercare di reagire, apre gli occhi e guarda finalmente fuori dopo questa lunga ricerca dentro di sè ed eccolo infatti sfornare un bel pezzo energico “Licantropi”. Un forte pugno alla stomaco che vorrebbe sicuramente colpire la società falsa che ci circonda che strabocca di malvagità. Feroci lupi mannari travestiti da esseri umani.

Un’altra situazione decisamente allegorica affrontata su larga scala, su una “metropoli” per essere precisi. Finalmente un piccolo pace e speranza ritrovato, la voglia di reagire che si concretizza, una passeggiata nella città in piena notte che schiarisce le idee e ti indica la strada da intraprendere. Una bellissima emozione in musica.

Siamo in chiusura, “Notte bianca” racconta una piccola luce nel buio, quell’unica piccola verità immersa in un mare di bugie. Scritta di getto “premendo i tasti dello stomaco, d’istinto. Interessante la scelta di aver posto quest’ultimo riflesso spezzato in chiusura.

Un disco da ascoltare, interpretare, riascoltare e capire. Come sempre una grande attenzione ai testi e, in questo sicuramente momentaneo abbandono alle sonorità rock, una scelta sperimentale e matura al tempo stesso di suoni nuovi che sembrano voler cavalcare i sogni. Resto di certo curioso di ascoltare il prossimo futuro lavoro di Ricky Rage, un artista e un amico leale, sincero e diretto esattamente come la sua musica.

Joseph Kerr

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Anni 90: Litfiba Live a “Segnali di Fumo”

Oggi vi regaliamo un video d’epoca, una di quelle tante trasmissioni TV anni 90 che sono state negli anni soffocate da quei maledetti talent che stanno oscurando il cantautorato e la musica live, quella vera. Si tratta di “Segnali di fumo” una trasmissione che tutti adoravamo e che regalava autentiche performance live! Ospiti i Litfiba, Piero Pelù e Ghigo Renzulli con “Animale di zona”

https://youtu.be/eBucrxYi1WA

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Esistenzialismo con i piedi per terra: Alessio Cristian Accardi

Oggi è il turno di Alessio Cristian Accardi leva 1984 , comincia a scrivere e a suonare a soli 13 anni.
Dopo svariati concorsi, numerosi concerti anche fuori Italia e una serie di cambi di band prende finalmente la sua direzione solista con concerti esclusivamente acustici. Attualmente è impegnato in un tour con date che interessano quasi tutto il nord Italia: “L’anno della redenzione tour 2018”.

Alessio di propone la sua “Le stelle non sono poi così distanti”, una ballata acustica dal testo sicuramente originale e dal sapore lievemente malinconico tipico del cantautorato del nostro tempo, proprio quello, aimè, che cercano ormai con tutti i mezzi di soffocare.
Siamo lieti di ascoltare questi ragazzi che continuano imperterriti su questa strada senza vendersi perché si sente che con la musica fanno parlare il proprio cuore e la propria anima.

Non conosciamo le influenze di Alessio, probabilmente sono straniere, magari proviene dal Brit-pop o simili ma mentre canta riusciamo sicuramente a intravedere l’ombra di alcuni maestri della musica nostrana. Mi viene in mente Riccardo Sinigallia forse per lo stile e le tematiche che fluttuano verso l’esistenzalismo.

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Laederbraun: Suggestione, innovazione e impatto

Oggi vi presentiamo i Laederbraun, un progetto rock italiano nato a Lecco, ideato da Simone Goretti, chitarrista e autore dei brani, affiancato dal batterista Antonio Romano.
Dopo la produzione dell’EP Saturnalia nel 2008e e il disco Dies Irae 2010 entrano a far parte della band la cantante Isabella Conca, il bassista Gionata Montanelli e il violoncellista Michele Nasatti.
Da questa rinnovata unione nasce nel 2017 il disco ADE edito per l’etichetta bergamasca Fil1933.

Il singolo che ci propongono si intitola “Barracuda”, un pezzo forte, un testo colmo di risentimento con forti contenuti di protesta che a ricorda il famoso “Squalo” dei Litfiba che girava per le radio qualche anno fa.

Notevoli i riff di chitarra che accompagnano praticamente tutto il pezzo e vanno quasi a intrecciarsi armoniosamente con le estese vocalità di Isabella. La cantante sa essere suadente e energica al tempo stesso, destreggiandosi al meglio con le ritmiche incalzanti della band. Sicuramente suggestive, innovative e d’impatto le atmosfere create nell’insieme dai componenti del gruppo.

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Il prog metal dei Diraxy

Oggi vi presentiamo i Diraxy, una band di Milano ed è formata da: Federica Manenti alla voce, Dario Freddi alla voce e tastiere, Marco Le Grazie e Daniele Romanato alle chitarre, Andrea Arrotta al basso e Paolo Ossoli alla batteria. I Diraxy nascono nel 2014 e dopo qualche lavoro auto-prodotto vengono scritturati per dare vita a The Great Escape avorando in studio con Mat Den produttore artistico di gente nota come Kristian Marr chitarrista di Amy Winehouse, Ed Graham batterista dei Darkness e Alexi Crhistou performer per Pete Doherty (Libertines).

La band ci propone “The way out”, un brano progressive metal dalle atmosfere cupe, con un’intro di basso dal sapore elettronico ed effettato che combacia alla perfezione con l’atmosfera.
Sicuramente degne di nota sono le aperture improvvise in cui sfociano le distorsioni elettriche delle chitarre insieme al resto della Band e gli incroci di voci maschile e femminile dei due frontman.

Sarei curioso di ascoltare anche eventuali brani in italiano ma chiaramente per gusto puramente personale.

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