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Joker Gang: Serve una “Rivoluzione”

Esattamente la fotografia dei tempi bui che stiamo vivendo, Rivoluzione, nuovo singolo della Joker Gang è stata proprio una bella sorpresa. Fin dall’intro strumentale si capisce che a livello musicale si vuole arrivare ad una sintesi tra il passato musicale ed il presente, dato che i rimandi al synth pop ‘Anni 80 sono evidenti; questi smorzano le percussioni, dalla venatura quasi trap, solo lievemente accennata.

Con la prima strofa cantata, si entra subito nel vivo del testo, scritto quasi di pugno, come una lettera o un diario, con cui si vuol dare voce a quello che è il disagio di una persona pienamente cosciente e stanca della situazione pandemica che da diciotto mesi stiamo attraversando, situazione che è stata solamente la goccia che ha fatto traboccare il vaso, in un mondo grigio e per nulla empatico, dove l’individualismo e il menefreghismo, l’apatia e la violenza fanno da padroni.

Ma che cos’è la pandemia, se non una conseguenza del cambiamento climatico? La questione green è trattata infatti come la causa scatenante di ciò che stiamo vivendo ora. In chiusura parecchio pessimismo, dato dal rimpianto di non aver goduto al momento giusto della semplicità della quotidianità, quando “essere felici” era qualcosa dato per scontato, parafrasando il testo“com’era facile quel tempo in cui ero felice senza rendermene conto, e stavo a guardare i germogli sbocciare, mentre adesso li osservo appassire”; quasi un monito in cui si dice di godere del momento prima che la fugacità dell’attimo se lo porti via definitivamente.

Potremmo definirlo un omaggio a Franco Battiato, nell’anno della sua scomparsa, sia nella modalità di declamare come un profeta moderno inascoltato la nostra realtà, sia nel ricorso a sonorità così “vintage” ma anche così attuali e sperimentali nello stesso tempo. Una boccata d’aria fresca nel marasma di questi tempi in cui il grigio si confonde ormai troppo spesso con l’azzurro, un invito a fare la propria parte e a non rassegnarsi ad un destino che scolora pian piano la vita.

A cura di Irene Ramponi

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Gaudiano: La promessa mantenuta

Credo che al mondo non esista amore più grande, profondo, vero ed eterno di quello che un genitore nutre nei confronti di un figlio a prescindere che questo amore venga poi ricambiato o meno.

Questo articolo non parla di una vittoria, non parla di Sanremo 2021, non parla di una giuria che alle selezioni di Sanremo Giovani non ha capito a pieno questo artista (a eccezione di Luca Barbarossa).

Questo articolo parla di un ragazzo, è la storia di un figlio che è stato in grado di ricambiare quell’amore e portarlo oltre ai confini di se stesso. 

In un mondo di plastica fatto di stereotipi, di selfie, social network, di musica preconfezionata, di finti artisti che si ergono sui palchi alla sola ricerca di apparenza, trovare un fiore nel deserto come Luca Gaudiano è un avvenimento più unico che raro.

Il ventinovenne foggiano autore di “Polvere da sparo” racconta un triste vissuto, scrive una lettera al padre scomparso due anni fa a causa di una brutta malattia sigillandola con le emozioni dettate dalle sue note. 

Immaginando che queste melodie possano arrivare fino al genitore, il giovane immagina di trovarselo di fronte, di riuscire finalmente a potergli dire quello che la sua prematura scomparsa gli ha impedito. 

La sofferenza di un dolore che non scompare, che riaffiora, un male che nemmeno i farmaci riescono a sedare, una malinconia che non può svanire mai, la perdita di un papà. 

Il senso di colpa di un amore inespresso m, l’ammirazione per il proprio eroe, la sua forza nel combattere un male invisibile che ha colpito duramente la sua “giungla dei pensieri sparsi”.

Tante parole cantate d’un fiato, quasi in un melodico rap che raccontano l’impotenza e la rassegnazione. 

Una domanda, un quesito irrisolto attanagliano l’anima dell’autore, un lutto che lo trascina quasi sul baratro fino a trovare poi la risposta dentro uno specchio, nel rivedere se stesso nel padre. 

Tutto questo mi riporta alla mente la dolcissima favola del leone Simba che ritrova se stesso vedendo suo padre Mufasa riflesso nello specchio d’acqua di un lago. 

Gaudiano come Simba in quel momento diventa re e questo festival è stata la sua cerimonia di incoronazione, una vittoria che suo padre sicuramente sta ancora applaudendo da lassù, fiero di lui. 

Un viaggio attraverso il dolore che finisce in un dolcissimo lieto fine, io stesso quando ho scoperto questo cantautore stavo guardando Sanremo giovani distrattamente, quasi annoiato da tutto quel “già sentito” mille volte fino a quando un brivido ha richiamato e risvegliato di botto la mia attenzione con un arpeggio di chitarra, un synth di archi dall’andamento arabeggiante: amore al primo ascolto, qualcosa che mi capita raramente ormai che non sono più giovanissimo. Scrissi un messaggio a Luca su Facebook per fargli i complimenti per questo pezzo e glieli rinnovo ora con questo articolo. 

Essere veri artisti è proprio questo: riuscire a evocare negli altri le forti emozioni che hai provato tu quando le hai scritte, bravo Luca e grazie per essere riuscito a scuotermi il cuore dopo tanto tempo. 

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Il ritorno di Pask con “Jungla degli uomini”

Noi di Music Free Network abbiamo ascoltato in anteprima , l’ep di Pask “Jungla degli uomini” in uscita il 10 gennaio 2020, disco di 5 canzoni, poche ma non buone: Ottime. Il numero perfetto per destare ulteriore curiosità sulle composizioni di questo artista e per farti esclamare a gran voce a fine disco “Ne vorrei ancora!”

La prima traccia del suo album si intitola “Niente più di noi”, una possente rock ballad che a tratti ricorda il sound rock alternativo inglese di gruppi come Coldplay / Muse, in grado di miscelare in equilibrio melodia e rabbia con inaspettate e intense reazioni dinamiche.
L’incipit del brano è sicuramente molto soft con una linea di piano composta dall’autore stesso ma già nel
Ritornello Fender e Marshall fanno da padrone. Nella seconda parte il pianoforte scompare lasciando spazio a interessanti evoluzioni acustiche per poi tornare possente nel secondo ritornello in un connubio straordinario con le chitarre. Decisamente un inizio convincente.
Dal testo emergono immagini malinconiche, sentite, il dolore è palpabile sin dai primi versi e colmo di figure retoriche decisamente degne e originali, “un fiore assetato a bordo cemento”. È originale la stessa scelta di inserire in apertura disco una ballata e spiazza positivamente l’ascoltatore preparandolo alle esplicite canzoni di protesta senza peli sulla lingua che lo aspettano in seguito E che contraddistinguono da sempre lo stile di questo cantautore.
Sembra quasi che l’autore voglia aprire piano una porta sul suo tormento interiore
per poi mostrarci successivamente quanto altro non va, quanto c’è ancora da sistemare.
“Niente più di noi” è la spietata risposta a una disperata dichiarazione d’amore non corrisposto, “un lamento che scava da dentro” e una flebile speranza che coesistono sullo stesso filo che lega queste note.
“Piazza Illusi” ci ricorda vagamente uno di quei luoghi immaginari che si ritrovano spesso nelle favole come il
Campo dei miracoli o il paese di Acchiappacitrulli di “Pinocchio”. Questo luogo può ricordare il classico ritrovo in cui chiunque si ritrova almeno una volta nella vita a discorrere del più e del meno, o di grandi verità, può essere un bar come può essere appunto una piazza. Questa canzone è geniale già nel titolo, azzeccatissimo. Si parla della cosiddetta ‘febbre esistenziale’, quella che brucia i pensieri che ci affollano la vita quotidiana, , quelli che segnano ogni passo che facciamo e che, a parer mio, gli artisti chiamano fuoco dell’arte, esattamente quel malessere che spinge a scrivere, a esternare. “Suonano alla porta, suona un’altra volta è ancora la posta” è inevitabile pensare al proverbio del postino che suona sempre due volte, proverbi e aforismi si insinuano meravigliosamente nelle composizioni di Pask per chi lo sa ascoltare con la giusta attenzione.
L’unica soluzione a questi “giorni da rifare” alla fine dei conti sembrerebbe essere proprio quel buon caffè tanto desiderato sin da inizio canzone. La canzone ha un gran tiro ritmico, quasi ballabile nonostante sia impregnata di malinconia. È sicuramente un pezzo che si presterebbe anche a una versione ballad, chissà, magari dal vivo. Molto interessante il bridge in cui tutta la band si spegne per lasciare spazio al parlato. Molto evocativo.
“Appartenenza inutile” arriva diretto come una raffica di vento in faccia e anche questa volta non perde occasione per esprimere con forza il suo credo in maniera carismatica e forte.
Si parla di musica italiana, Pask, appassionato da sempre della musica nostrana, soffre un po’ come tutti noi nel vedere com’è ridotta al giorno d’oggi ma in questo brano si sfoga in un “non so se ridere o piangere” leggendo il continuo malcontento della gente sui social, tutti sanno tutto, tutti sono ipercritici, o meglio, si forzano di esserlo perché ognuno di loro ormai ha voce quindi tacere sarebbe un’occasione persa. Tecnicamente il brano accompagna le tematiche in maniera perfetta, le distorsioni e i riff che non mancano nei suoi pezzi viaggiano in parallelo con le ritmiche di basso e batteria incastrandosi in maniera ottimale, attraversiamo i vari nomi e cognomi sopra momenti ballabili ed entusiasmanti cullati da probabili influenze “redhotchilipepperiane”, intraSENTIAMO gli Oasis tanto amati dall’autore e ovviamente veniamo sfiorati anche dai nostri cari artisti italiani. Molto profondo e toccante il momento Floydiano nel bridge che arriva a esprimere la profondità dell’animo che si arrende a queste ondate di ignoranza ma che subito dopo, quasi sottovoce, riprende le forze e piano piano si rialza.

La crisi economica italiana tra i tormenti del nostro secolo non poteva mancare così come tra quelli, non solo interiori, trattati in questo album e ovviamente L’autore con la sua pungente ironia non perde occasione per analizzarne ogni aspetto con l’aiuto di un altro “tormento” reale di questo momento storico italiano che stiamo vivendo: le inglesizzazioni.
La title track (appunto) “Jungla degli uomini” A colpi di riff di chitarra e di ritmiche quasi dance anni 80/90 ci ritrova divertiti a cantare queste strofe con Pask che, in maniera sorprendente, spacca i silenzi (cit.) tra una frase e l’altra con un possente delay proprio sulle parole clandestinamente contrabbandate dall’estero che vanno a rimarcare in maniera importante ogni frase, una sorta di iconica e creativa presa per i fondelli a quello che noi italiani siamo, inevitabilmente diventati: una macchietta. Tutti ci lamentiamo di non avere soldi ma guai a non andare al mare in estate, guai a farci mancare quello che va di moda, dalle scarpe nuove alla tv in streaming, un’autentica fotografia moderna nella quale tutti noi ci giustifichiamo e nascondiamo dietro a due sole parole: Stress e crisi.

L’ep si chiude con quello che potrebbe essere considerato il fulcro, la chiave del disco “Jungla degli uomini” che si intitola “Tutti bravi”: com’è solito fare Pask ci saluta con insolite e interessanti trame acustiche, una teatrale apertura che tende a “smascherare” sin da subito il buonismo, questo da sempre falso comandamento “ama il prossimo tuo” che viene sbugiardato puntualmente nelle piccole azioni quotidiane. La canzone è una raccolta di diapositive in fila, alcune rapportate a se stessi, altre al mondo in cui viviamo e altre ancora sono l’esatto ritratto a pieno viso di persone che abbiamo persino vicine. Esattamente come in una giungla (degli uomini) il più furbo si nutre, o cerca di farlo, del più sprovveduto. Il paradosso però viene toccato proprio con un’argomentazione del tutto ambientalista che ci mostra una maturità nuova di Pask: “Mentre il ghiaccio si abbassa pian piano siamo morti e non ce ne accorgiamo”

Noi di Music Free Network vi salutiamo lasciandovi il videoclip di “Appartenenza inutile” il primo singolo estratto.

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“Se ti potessi dire” è il nuovo singolo di Vasco Rossi

A ormai un anno dall’uscita di “La verità” Vasco Rossi ci propone finalmente una nuova uscita: si tratta di un altro singolo intitolato “Se ti potessi dire” la cui uscita è prevista per Venerdì 25 ottobre 2019 e poco fa ne ha svelato la copertina sulla sua pagina Facebook

Non ci rimane che aspettare ancora 4 giorni con l’acquolina in bocca.
A questo link potete vedere una piccola anteprima “abusiva only for you” come ama
Definirle lui.

https://www.facebook.com/8178669673/posts/10157836231639674?sfns=mo

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“Picnic all’inferno” il nuovo singolo di Piero Pelù

Si intitola così il nuovo singolo a sfondo assolutamente ambientalista Del rocker Fiorentino.
Il brano uscirà nelle radio e in tutte le piattaforme digitali venerdì 18 ottobre è il testo è decisamente ( anche troppo ) su parole tratte dai discorsi della piccola ambientalista svedese Greta Thumberg.
Sarà un lavoro solista e in quanto non sarà presente il socio Ghigo Renzulli, Che sia un’altra pausa per i Litfiba?

Ecco il testo della canzone

OH EH OH EH …
G: MY NAME IS GRETA THUNBERG. I AM 15 YEARS OLD. I AM FROM SWEDEN.
YOU ARE NEVER TOO SMALL TO MAKE A DIFFERENCE
MAKE DIFFERENCE, MAKE DIFFERENCE
PICCOLA GUERRIERA SCESA DALLA LUNA
COME UNA NAVE DI VICHINGHI NELLA NOTTE SCURA
ALLA CASA BIANCA FORTE COME UN MANGA
G: YOU’VE IGNORED US IN THE PAST AND YOU WILL IGNORE US AGAIN
IGNORE US AGAIN
PICNIC ALL’INFERNO SIAMO COTTI A FUOCO LENTO
SIAMO CARNE PER AVVOLTOI CHE GIRA E GIRA SIAMO SEMPRE NOI
PICNIC ALL’INFERNO MANGIO PLASTICA E CEMENTO
SIAMO NUDI E SIAMO ARMATI SIAMO QUELLI CHE SI SONO ALZATI
PICNIC SULL’ASCENSORE PER L’INFERNO…
PICCOLA GUERRIERA FIGLIA DELLA LUNA
L’UOMO È L’ANIMALE PIÙ FEROCE SULLA TERRA
SIAMO SEMPRE IN GUERRA CONTRO L’INDIFFERENZA
G: YOU’VE IGNORED US IN THE PAST AND YOU WILL IGNORE US AGAIN
PICNIC ALL’INFERNO SIAMO COTTI A FUOCO LENTO
SIAMO CARNE PER AVVOLTOI CHE GIRA E GIRA SIAMO SEMPRE NOI
PICNIC ALL’INFERNO MANGIO PLASTICA E CEMENTO
SIAMO NUDI E SIAMO ARMATI SIAMO QUELLI CHE SI SONO ALZATI
PICNIC SULL’ASCENSORE PER L’INFERNO
TRASH GIRL IL MIO FUTURO ME LO PRENDO
G: YOU’VE IGNORED US IN THE PAST AND YOU WILL IGNORE US AGAIN
IL MIO FUTURO ME LO PRENDO
G: YOU’VE IGNORED US IN THE PAST AND YOU WILL IGNORE US AGAIN
IL MIO FUTURO NON LO VENDO
OH EH OH EH…
PICNIC ALL’INFERNO MANGIO PLASTICA E CEMENTO
SIAMO CARNE PER AVVOLTOI CHE GIRA E GIRA SIAMO SEMPRE NOI
PICNIC ALL’INFERNO SIAMO COTTI A FUOCO LENTO, EHI
SIAMO NUDI E SIAMO ARMATI SIAMO QUELLI CHE SI SONO ALZATI
G:YOU ARE NEVER TOO SMALL TO MAKE A DIFFERENCE,THANK YOU

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Le Pareti Ruvide di Pask

Conosco Pask da molto tempo ormai, più o meno da un decennio. Potrei raccontarvi qualcosa di lui, riassumere le sue esperienze artistiche e prepararvi all’ascolto della sua composizione. Potrei, ovvio, ma probabilmente non riuscirei a offrire particolari elementi in più. Pask Pasella, di fatto, è un cantautore onesto e diretto come pochi, e soffermatevi qualche secondo su tali affermazioni; non perde tempo, non addolcisce pillole e forse non prova nemmeno a ripulire le “fotografie” incluse nelle sue crature. Quello che canta è talmente netto e preciso da non concedere molto all’immaginazione. Di questi tempi una scrittura del genere deve essere soltanto apprezzata.
“Pareti ruvide” raccoglie otto brani decisamente rock e piuttosto incazzati, quadri che testimoniano la durezza di un doloroso presente. Tempi bui, raccontati quindi con maestria.
Si parte con la tostissima e accativante “God bless anything”. Brano dal distorto sapore britannico, che azzanna, che accusa e che manda in scena persino un nuovo Cristo, un nuovo martire. Eppure, in qualche modo, anche se fottuti dal sistema dei furbi, uno spiraglio di luce riusciamo anche a scorgerlo. E che Dio ci benedica!
Pask prosegue, mischiando immediatamente le carte. Il tono del disco infatti muta di continuo. La rabbia lascia spazio all’amore e alla nostalgia. L’ipnotica “Lontana dei km” è un concentrato di amara dolcezza, una confessione o quasi, che non fa altro che confermare le capacità dell’artista e soprattutto la visione che egli ha del mondo: non nera, non bianca, semplicemente grigia. Il cantautore si trova a proprio agio su questo tipo di terreno e, tra perle d’introspezione, riesce a dare probabilmente il meglio di sé.
Andiamo avanti. “Partire da zero”, altro omaggio al britpop dei novanta e non solo, è probabilmente il pezzo più ottimista del lotto. Ritmata al punto giusto è una canzone apprezzabilissima. Nonostante tutto, possiamo sempre ricominciare…
Eccoci, è il turno dell’irriverente “99cent”, il singolo perfetto. Riff irresistibile, testo leggero e acuto al contempo. La trovata commerciale dello 0,99 (citare il pubblicitario francese Beigbeder è quasi un obbligo), gli attacchi a raffica, le frecciate al consumismo e al potere e, tuttavia, l’attaccamento viscerale alla propria terra. Tutto in pochi minuti. Che dire, il pezzo è davvero forte, oltre che destinato a tutti i palati. Due volte in cuffia e non vi lascerà più, provare per credere.
Si torna poi a pestare con “Anfetaminica”, che ci sputa con voce filtrata il titolo del disco. Scatto, questo, che ricorda neanche troppo vagamente pellicole come “Trainspotting” o “Ritorno da nulla”. Pask ci racconta le vicende e soprattutto lo stato d’animo di una coppia di tossici, di ultimi, di soli, di emarginati, e chi più ne ha più ne metta. Il pezzo è chimico, selvaggio, pericoloso, esattamente come una dose pesante e letale. La riflessione nasce spontanea: chi sono i veri responsabili della distruzione? “Anfetaminica” è senza dubbio qualcosa di potente e devastante. E ora mi arrabbio io. Qualche stronzo dovrebbe prendere brani di questo tipo e piazzarli in radio. La verità va divulgata e non nascosta.

E dopo gli sfoghi disperati si torna alla nostalgia con “Dentro un domani”, ballad piena di amore e di quel grigiore di cui ho scritto in precedenza. Struggente e dolcissima, a conti fatti, sintesi perfetta dell’intero disco. Ma le emozioni in grado di stringere il cuore non sono ancora finite. In “Pareti ruvide” siamo riusciti a trovare un po’ di spazio anche io e Joe Kerr (Joker Gang), grazie alla fantastica “Maschere” (ok, qui sono un po’ troppo di parte), pezzo scritto e cantato in tre, con la supervisione di Pat Matrone (Will of Nothing). Un esperimento divertente e riuscito che ha intrigato fin da subito tutti protagonisti. Rock and roll, nudo e crudo…

A chiudere l’opera è “Scende”, un altro intenso e malinconico gioiello, impreziosito dal sax di Jonathan Norani, dalle chitarre di Alex Cambise e dalla batteria di Oscar Palma, musicisti di assoluto livello (collaboratori tra l’altro di Priviero). Insomma, poche storie.

Pask Pasella ci regala un disco davvero bello, a tratti sublime. Un album carico di idee, di passione, di dolore e di speranza. Otto tracce, non tante, ma straordinarie per potenza, pathos ed eleganza. Per il momento il disco è disponibile in tutti i negozi online. Supportate la buona musica. Supportate questa musica, e “God bless anything”.

Ricky Rage

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“Saw Lightining” il nuovo singolo di Beck

È uscito ieri il nuovo singolo di Beck intitolato “Saw Ligthning”, che anticipa il nuovo album “Hyperspace“, del quale non è ancora stata annunciata una data di uscita.

Il brano è stato prodotto in collaborazione con Pharrell Williams (batteria, synth e cori) e presenta sonorità molto originali e interessanti.

La voce si muove su una sorta di tappeto di cori e sintetizzatori che abbracciano a pieno la psichedelica mentre la ritmica si sposa in maniera particolare con una chitarra acustica botneck solitamente poco presente in arrangiamenti così elettronici.

Sicuramente da ascoltare perché in Italia siamo poco abituati a simili stravolgimenti e sperimentazioni, specie al giorno d’oggi.

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La TRACKLIST del nuovo Album di Fabrizio Moro

Giusto due ore fa sulla pagina Facebook ufficiale di Fabrizio Moro è stata svelata la tracklist ufficiale del nuovo album di Fabrizio Moro “Figli di nessuno” la cui uscita ufficiale è prevista per il 12 aprile.
Nella fotografia qui sotto potete vedere i titoli delle 11 canzoni di questo disco anticipato dal singolo “Ho bisogno di credere.

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Le atmosfere psichedeliche dei Liquid Rainbow

I LIQUID RAINBOW sono una psychedelic dub rock band italiana formatasi nel 2008 e composta da Stefano Contini (basso, produzione), Francesco Allegro (keytar, voce) e Roberto Beretta (chitarra).
Dopo anni di produzioni distribuite da svariate etichette, festival e live
nel 2015 esce “Landscapes and Treasures” (Magnatune Records) un disco pop sperimentale.

Nel 2017 in la band pubblica “The Blue Rose Sessions” per Bassstar Records di Los Angeles, un disco ambient-psichedelico con influenze rock blues dedicato a Twin Peaks e David Lynch.
I liquid rainbow con la loro versione di New Rules riescono a trasmettere tutto il loro modo di fare musica, il loro stile, il loro genere.

La canzone attraversa atmosfere psichedeliche sorvolando linee di basso che fanno da padrone, insieme alla ritmica della batteria, il tutto circondato da sintetizzatori e chitarre distorte con effetti molto particolari. Contrariamente a quanto ci si aspetti la voce non viene invece effettuata particolarmente in questo brano rispetto ai precedenti lavori il che è sicuramente un bene perché rende più chiaro e Intelleggibile il testo della canzone.

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L’electropop dei Sedona

Sedona Sound è un progetto electropop di Torino, che unisce sonorità elettroniche a melodie ispirate alla tradizione rock, formato da Dario Armenio (voce, chitarra, basso, synth) e Anna Mantovani (voce, sintetizzatori, cori) inizialmente nacquero Nati (nel 2010) con il nome di Open High Heart.

Il brano che ci propongono si intitola “Auf Wiedersehen” (arrivederci in tedesco) è tratto dal loro album “Verba Manent”.

Le trame melodiche sono molto interessanti, la linea di basso padroneggia con passaggi interessanti e a tratti virtuosi, costantemente circondato da svariati tappeti di synth. Il lavoro e di ottima fattura e qualità, la voce di Max è interessante e ricorda vagamente a tratti la timbrica del grande Max Gazzè. Degno di nota anche l’intreccio di voci nei chorus con la voce femminile di Anna.

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